Ritratti - La Giudicessa d'Arborea
Carlo Cattaneo la definì «La figura più splendida di donna che abbiano le storie italiane, non escluse quelle di Roma antica…»
Seconda di due figli, Eleonora d’Arborea nacque presumibilmente nel 1347 e trascorse la sua giovinezza presso il giudicato D’arborea, retto dal padre Mariano IV.
In quel periodo la Sardegna era suddivisa in quattro giudicati: Torres, Arborea, Gallura e Cagliari.
Nel 1297 la Sardegna venne ceduta come dominio feudale a Giacomo II, Re d’Aragona.
Nel 1353, Mariano IV ruppe il vincolo vassallatico dando vita ad un lungo conflitto: la guerra sardo – catalana.
Alla morte di quest’ultimo subentrò Ugone, fratello di Eleonora. Nel frattempo, nella speranza di creare un’alleanza anti-aragonese – con l’obiettivo di bloccare l’occupazione nell’isola – Eleonora sposò Brancaleone Doria, membro del casato genovese, possessore di alcuni territori nella parte nord-occidentale della Sardegna. Da questo matrimonio nacquero due figli: Federico e Mariano
Nel 1382 Eleonora strinse un patto con Nicolò di Guarco, il Doge della Repubblica di Genova, il quale aveva grandi interessi e possedimenti in tutta la Sardegna settentrionale;
Eleonora gli fece promettere che la figlia Bianchina avrebbe sposato il suo primogenito Federico. Al centro c’era anche un prestito di quattromila fiorini d’oro e un accordo con cui il Doge si impegnava a restituire la somma nel termine di dieci anni; scaduto questo termine avrebbe dovuto restituire il doppio della cifra prevista.
L’anno seguente, fu assassinato il fratello Ugone; la morte del fratello creò alcuni problemi concernenti la successione. Secondo l’antico diritto regio Sardo, alle donne era consentito succedere al padre o al fratello. Seguendo questo dettato, Eleonora si autoproclamò Giudicessa d’arborea e si nominò reggente per il figlio Federico, ancora minorenne.
Gli Aragonesi, determinati a conquistare l’intera isola, non indietreggiarono, così Eleonora decise di inviare il marito Branca Leone D’Oria in Spagna, presso la corte del re Pietro IV, con la speranza di trovare una mediazione, facendoli desistere dal loro progetto di conquista.
L’autoproclamazione di Eleonora fu considerato da Pietro IV un gesto troppo lesivo della sua autorità; il gesto della Giudicessa ebbe come conseguenza la presa in ostaggio del marito da parte del Re, in quanto
Eleonora non si piegò alle richieste di obbedienza che provenivano da quest’ultimo, in particolare non si piegò mai alla consegna del figlio Federico.
Brancaleone, ostaggio di Pietro IV, diventò dunque il principale strumento di pressione su Eleonora.
Nel 1385, dopo alcuni anni di scontri, presero avvio le trattative di pace tra il giudicato e la corona aragonese.
Determinata a ristabilire un equilibrio all’interno del suo giudicato, apportò importanti modifiche allo Statuto del luogo di Arborea, più comunemente ricordato come La Carta De Logu De Arborea, promulgata da suo padre Mariano IV tra il 1345 e il 1376.
Il documento, redatto in lingua Arborense, costituito da 198 capitoli che comprendevano sia norme civili sia norme penali venne considerato “il maggior monumento legislativo della Sardegna medievale”, tanto che rimase in vigore fino al 1827, anno nel quale fu adottato il codice Feliciano.
Il prologo illustra le ragioni della promulgazione.
Eleonora fu una figura poliedrica;
utilizzando un linguaggio contemporaneo potremmo definirla un’attivista, una donna fuori dal comune, determinata a difendere la sua terra e il suo popolo e destinata ad essere ricordata, per sempre, nei libri di storia sarda e non solo.
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